Ciao Roberto, grazie per essere qui con noi. Iniziamo col botto: come e quando nasce “Qisas”, il tuo nuovo romanzo? E di cosa parla?
“Qisas” ha origine da una domanda che mi sono fatto spesso, cioè quali spaventose condizioni costringono coloro che abbandonano la propria terra, affrontando disavventure e pericoli di ogni sorta, per venire in Europa, e più propriamente nel nostro Paese, per incontrare un destino quanto mai incerto, se non addirittura miseria e sfruttamento. Documentandomi, parlando con chi ha percorso questo itinerario nell’insicurezza delle illusioni, ho iniziato a costruire una trama il cui vero protagonista è l’odio provato nei confronti di individui senza scrupoli, né pietà, da chi, fuggendo in cerca di speranza, si è trovato a subire crudeli vessazioni. Dall’odio al dissennato desiderio di vendetta che ne consegue, ho voluto ipotizzare un passo purtroppo molto breve.
Collocandosi in un punto ideale di incontro tra due generi, il Noir e il Thriller, il romanzo racconta la storia di tre vite: Raffaella, una ragazza della provincia di Bologna dalla mente fragile, che si tiene volontariamente ai margini della vita per inadeguatezza; Faisal, un ex professore libico, fuggito in Italia dal suo Paese dopo la rivoluzione del 2011, che nel suo viaggio disperato è soggetto a sofferenze estreme; Mahmoud, un uomo che, al servizio del Nuovo Califfato (un’evoluzione dell’ISIS), sta arricchendosi sfruttando il lavoro di coloro che, tentando di migrare dal Nord Africa all’Europa, ha catturato e ridotto in schiavitù. Dalle vicende che mettono in relazione questi tre personaggi, si sviluppa una trama che ha come motore la vendetta – il Qisas, che si può tradurre dall’arabo proprio come “vendetta del sangue” – e come combustibile l’odio.
E prima di “Qisas” cosa c’è? Come diventi un autore di thriller?
Da giornalista e uomo di marketing e comunicazione, ho sempre dedicato alla scrittura molte delle energie creative che riuscivo a spremere dalla mia mente. E spremendo mi sono reso conto che le trame contorte, i colpi di scena, la facilità con cui la linea di confine tra bene e male può essere confusa dai protagonisti di un romanzo, si delineavano in fretta nella mia immaginazione. Suppongo di avere un cervello tortuoso, o quanto meno adatto allo scopo. Sta di fatto che il genere thriller, possibilmente declinato in tinte piuttosto cupe, è quello che mi diverte ed emoziona di più. O, più semplicemente, è l’unico da cui so tirare fuori qualcosa di buono. Insomma, il mio editore mi pubblica, i lettori si divertono e la critica è favorevole. Squadra che vince non si cambia.
Pensi che i thriller siano storie fini a sé stesse, come dicono molti, o che possano anche insegnarci qualcosa? Se sì, cosa e come?
Un romanzo, in questo caso un thriller, ha sempre fondamenta costruite con frammenti più o meno evidenti di realtà, se tra i suoi obiettivi si pone quello della sospensione dell’incredulità, e la realtà insegna sempre qualcosa. Anche solo, e non è comunque poca cosa, a riflettere su situazioni che, per quanto a noi ne possa essere stato risparmiato l’urto, possono però accadere. Ciò che mi piacerebbe “Qisas” mostrasse al lettore è l’orrore che segue come una condanna l’abbandono della propria terra per sfuggire alla morte per miseria o guerra. Senza avere alcuna pretesa di proporre un testo morale, di cavalcare l’onda ambigua dell’indignazione contro l’accoglienza o contro il respingimento di chi migra, o di essere politicamente corretto, mi auguro di potere in minima parte contribuire all’abbattimento di muri psicologici. Così, magari, anche un thriller può aiutare a imparare ad avere una visione meno condizionata di eventi reali.
Potresti farci una lista dei tuoi thriller preferiti? E, magari, dirci perché li ami così tanto?
Strano a confessarsi, ma oggi di thriller ne leggo pochissimi. Quando ero più giovane ho divorato tutti i romanzi di Ken Follet, suggerisco “Triplo” e “L’uomo di Pietroburgo”, quelli di Frederick Forsyth, molto belli “Dossier Odessa” e “L’alternativa del diavolo”, quelli di Robert Ludlum, eccezionale “Il circolo Matarese” e ovviamente la saga dedicata a Jason Bourne, sebbene i lavori degli ultimi due autori citati si avvicinino più alla narrativa spionistica che al puro thriller, a cui potrei aggiungere un’infinità di altri scrittori e relativi titoli. Mi chiedo dove abbia trovato il tempo di fare altro.
Attualmente, raggiunta un’età meno scanzonata, sono passato ai romanzi storici e ho ripreso a interessarmi alla saggistica. Tuttavia, nonostante il mio sbandamento verso altri generi, l’amore per la suspense, per i brividi e le emozioni forti che una pagina bella tesa sa provocare resta immutato.
Siamo partiti dal presente, per viaggiare nel tuo passato… ora dicci del futuro: cosa vi si nasconde?
Nella sfera di cristallo ecco apparire un nuovo thriller, ormai pronto per essere sottoposto all’operazione di revisione da parte di un editor professionista, quindi promosso presso gli editori da un’agenzia letteraria. Poi, mentre chi si occuperà della valutazione del testo e deciderà se sarà pubblicabile, io continuerò a lavorare per pagare le bollette (non si vive di sola narrativa), a fare qualche viaggio con mia moglie, a uscire in barca a vela con gli amici e, croce e delizia, comincerò a scrivere un altro romanzo.
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