Libri e film thriller con serial killer: basta, per favore!
Sì, ormai tutti coloro che mi conoscono lo sanno: odio i thriller con dentro serial killer (ecco, ho fatto pure la rima cacofonica). Basta! In effetti, più che un articolo, questo è uno sfogo. 🙂
Ai tempi di “Seven” e “Il silenzio degli innocenti” era tutta un’altra cosa. E non solo perché ero piccolo e poco addentro al tema, ma perché erano i primi. E che dire dell’immortale “Psycho“?
Erano in grado di portarti all’interno della mente malata del killer, mostrandoti ciò che ancora non si conosceva.
Ma quei tempi sono passati. Ora basta con i serial killer.
Perché? Ecco perché!
Thriller, serial killer e quotidianità
Ok, i serial killer hanno sempre suscitato un certo fascino sugli appassionati di lettura thriller e sugli amanti della psicologia. Ma quando è troppo è troppo.
Vista la scia di successo lasciata dietro di loro dalle opere menzionate prima, molti scrittori e registi hanno cominciato a seguire il filone per “andare sul sicuro”.
E andiamo da romanzi di big internazionali fino a romanzi (anche italiani) di esordienti che sfiorano il grottesco, per arrivare a un imprecisato numero di pellicole cinematografiche che riprendono il tema.
Il risultato? Scendere sempre più in basso, nella qualità. Sempre meno suspense e mistero (caratteristiche che un amante dei thriller come me, invece, vuole trovare assolutamente), a fronte di un crescente utilizzo di scene e descrizioni crude, cruente, inutilmente macabre.
Si tenta di “stupire” il lettore disgustandolo.
E io questo non lo approvo. Perché poi? Perché è più semplice disgustare che scrivere una trama complessa e intrigante, per questo? Allora cambia mestiere!
“Se proprio vuoi entrare nella mente di qualcuno, entra nella mente di chi hai intorno” mi sono detto, quando ho iniziato a scrivere i miei thriller psicologici. Perché noi siamo persone comuni che hanno intorno persone comuni. Non siamo poliziotti che, ogni giorno, devono fare i conti con i serial killer di Los Angeles o New York. Ed è importante, per il lettore, immedesimarsi in qualcuno che gli somigli, per vivere meglio le sue avventure.
Alla luce di questo, il sottotitolo de “Lo scacciapensieri“, che recita “genesi di un serial killer”, prende un altro significato (se hai letto il libro sai cosa intendo, conosci già l’ambiguità di fondo).
Dopotutto, non c’è bisogno di “scomodare” il personaggio del serial killer. Nella mente di ognuno di noi si nasconde qualcosa di oscuro e misterioso. Basta rifletterci un po’ e lasciare da parte l’ormai visto e l’ormai letto.
E a proposito: qualcuno sa dirmi perché:
- i serial killer nella vita di tutti i giorni sembrano sempre persone comuni?
- i serial killer si divertono sempre a inviare bigliettini di sfida alla polizia?
- i serial killer sussurrano al telefono?
- se una donna sa che c’è in giro uno psicopatico fa in modo di restare sempre sola?
- i serial killer scrivo sempre qualcosa sui muri, col sangue?
- i serial killer hanno sempre abilità chirurgiche?
E poi: non bastano i TG a inzupparci la mente, ogni giorno, con notizie macabre che disegnano in noi l’affresco di un mondo alla deriva, pieno di pericoli e psicopatici? Direi di sì!
Allora, quantomeno nei romanzi: non mentiamo. Se chi fa informazione, spesso, o per inseguire lo scoop o per far contento l’editore, rinuncia a presentare la realtà dei fatti, ingigantendo solo ciò che fa notizia e porta pubblico (leggi “soldi”), almeno rendiamo onore noi alla realtà, noi che inventiamo storie.
Secondo una statistica del 2001 si stima che, in tutto il mondo, su circa 6 miliardi di persone vi siano “appena” 2.000 assassini seriali. Di cui quasi 1.300 negli immensi USA.
Quindi, l’umile appello che lancio a tutti coloro che stanno per scrivere nuovi romanzi thriller, o nuove sceneggiature, è: guardate il mondo con altri occhi, sovvertite le regole, oltre ai serial killer c’è di più (non me ne vogliano Jo Squillo e Sabrina Salerno)! 🙂
2 Commenti
A me è piaciuta molto la trilogia della serie “Uomini che odiano le donne.” Poi vabbè,su King è inutile che mi esprimo,diventerei logorroico e troppo di parte.
Esprimiti pure, senza problemi.
King è King. Anzi…è the king! 🙂
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