Creare suspense: perché è importante nei thriller?
Oggi voglio parlare un po’ della mia passione principale: la scrittura creativa. E voglio farlo chiamando in causa un elemento che considero fondamentale per ogni storia: la suspense.
La suspense (questo è il modo corretto di scriverlo, sia in inglese che in francese) è un concetto ormai entrato nell’immaginario comune. Una parola che indica ansia, tensione, sospensione del respiro.
Moltissime persone che hanno letto i miei libri mi hanno detto: “L’ho divorato, non vedevo l’ora di scoprire il mistero, di leggere cosa sarebbe successo nel capitolo seguente”. E questa è una soddisfazione immensa, per me, perché vuol dire essere riuscito nel mio intento: catturare l’attenzione e la fantasia del lettore per trascinarlo in un mondo magico grazie all’uso della suspense.
La suspense, ne sono convintissimo, è fondamentale per una storia di successo. E se qualcuno crede che sia necessaria solo nei thriller o nell’horror, commette un grosso errore.
La suspense è il sale di ogni storia. Quell’elemento che dà vita tanto all’azione quanto alla non-azione. Anzi, molte volte si esprime al meglio proprio nella non-azione, nelle scene di attesa.
Creare suspense
Ci sono mille modi per creare suspense.
Ad esempio, si può giocare su un elemento di cui il lettore/spettatore è a conoscenza, ma che il protagonista ignora.
Questo gioco lo si ritrova in tutti i libri di Stephen King, ma anche in film di successo, come Psycho. Prendiamo la geniale scena della doccia. Noi spettatori sappiamo che lì fuori c’è qualcuno in agguato. Lo vediamo attraverso la tenda. Ma la donna in doccia no, perché è di schiena. Quindi, avremmo voglia di urlarle “sta’ attenta!”.
Ma è solo una delle tante tecniche.
Si può decidere di giocare con il tempo. Dalla bomba che sta per scoppiare, alla corsa per salvare la vita di un ferito, fino al rapimento con ricatto che implica l’uccisione dell’ostaggio al termine del tempo previsto.
Molto utile per catturare l’attenzione del pubblico è la cosiddetta tecnica del cliff-hanging, che lascia un argomento in sospeso a fine capitolo, o a fine episodio di una serie. Se ami i fumetti Marvel, le soap opera o le serie TV, sai di cosa parlo.
L’autore ti fa capire che nel prossimo capitolo (o nel prossimo episodio) ci sarà qualcosa di sconvolgente, affascinante, sorprendente. E ti lascia “col fiato sospeso”, appunto. Tanto che non vedi l’ora di voltare pagina per leggere il seguito, o che arrivi il giorno dopo per incollarti alla TV e guardare il nuovo episodio.
Poi vi sono tecniche un po’ più particolari, come quelle usate negli sceneggiati gialli di Colombo o nei libri di genere “noir.”
In questi casi si riesce a creare suspense pur dicendo al pubblico, sin dall’inizio, il nome del colpevole (o dell’antagonista). Questo è possibile perché restano oscuri i motivi delle sue azioni, resta questo da scoprire.
Oppure, si sposta l’attenzione sugli effetti dell’atto (o dell’intenzione). Il pubblico sa sin dall’inizio che tizio commetterà tale azione, ma non sa come andrà a finire e quali risultati comporterà il gesto.
Le critiche alla suspense
È possibile che vi siano delle critiche a un elemento tanto piacevole? Sì, ve ne sono. E non poche.
Molti, infatti, già da tempo, hanno associato l’utilizzo della suspense alla cosiddetta “paraletteratura”. Sostanzialmente, chi si definisce “intellettuale” punta il dito nei confronti di tutti quei generi, come l’horror, il thriller, il giallo in cui la suspense la fa da padrona, stigmatizzandoli come generi di “letteratura da intrattenimento”, o “finta letteratura”.
Negli anni, infatti, tra gli intellettuali (o cosiddetti tali) si è diffusa l’idea che la vera letteratura debba esser incentrata su altri argomenti, come l’aspetto psicologico dei personaggi, le dinamiche sociali o politiche, e non sulla trama in sé. Quindi: niente trama, niente suspense.
Ecco perché, quando ci troviamo davanti al cosiddetto “libro impegnato” (o film) con l’idea di trovarvi una trama intrigante, ci viene da dire “che noia…”.
Personalmente non trovo nulla di male nell’inserire pathos e suspense in storie che vogliono trasmettere concetti importanti.
Anzi, trovo che sia una mossa intelligente quella di inserire concetti profondi all’interno di storie accattivanti, piene di pathos. È quello che hanno fatto, tanto per citare due nomi conosciutissimi (ma non sono gli unici), Saviano con “Gomorra”, per la letteratura, e Ron Howard con “A beautiful mind”, per il cinema.
Ti sembrano forse un libro e un film di serie B?
Pensa addirittura che elementi di forte suspense possono essere rintracciati anche in grandi classici, che persino i famosi intellettuali definiscono degni di essere letti, come l’“Oratio pro Sexto Roscio Amerino” di Cicerone (che richiama alla mente i più moderni “Law & Order” o “Perry Mason”).
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